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i giganti di MONTI PRAMA



I Giganti di Monte Prama assieme alla testa di Narbolia[1], sono sculture sarde a tutto tondo i cui frammenti sono stati trovati casualmente nel marzo del 1974 presso un terreno agricolo del comune di Cabras, in provincia di Oristano.
Attualmente è in corso il loro restauro mediante l’assemblaggio di circa 5172 frammenti, tra i quali 15 teste, e 22 busti. A seconda delle ipotesi la datazione, oscilla dal VIII secolo a.C. al IX o addirittura al X secolo a.C., ipotesi che ne fanno comunque le più antiche statue a tutto tondo del bacino mediterraneo occidentale, ed antecedenti ai Kouroi greci. Dalle valutazioni più recenti si stima che i frammenti appartengano a circa 40 statue. Finora sono state individuate e restaurate 25 figure umane e 13 modelli di Nuraghe. Sono inoltre stati rinvenuti diversi betili del tipo cosiddetto Oragiana.

Indice

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Accenni sulla storia della statuaria antropomorfa sarda [modifica]


Guerriero. Bulzi.
La statuaria antropomorfa sarda è antichissima. Un primo esempio è dato dalla Venere di Macomer, in stile non finito (peculiarità distintiva rispetto all'area tessalica nel periodo Seskloe) risalente secondo il Giovanni Lilliu al 3750-3300 A.c. Mentre secondo Enrico Atzeni risalirebbe addirittura al Neolitico antico [2].
Successive ma sempre attinenti all'iconografia della dea madre sono i numerosi idoli in stile volumetrico, finemente decorati e ricchi di particolari. Uno degli esempi più significativi è l'idolo di Perfugas (loc. Sos Badulesos), nel quale è raffigurata la dea nell'aspetto di nutrice, infatti porta in grembo, stretto con entrambe le braccia, un bambino, messo di traverso al proprio corpo per succhiare il latte dalla mammella sinistra [3]. Questa simbologia sarà poi ripresa nella civiltà nuragica con le c.d pietà nuragiche [4]. Successivi sono gli idoli di stile planare o geometrico, sepre raffiguranti la dea madre[5].
Una diversa iconografia per temi e stilemi ci è offerta poi dalle Statue-menhir, o statue-stele, dotate di un essenziale resa frontale: personificate dagli schematici rilievi anatomici del volto a T – in unico blocco naso/sopracciglia, ma senz’occhi né bocca – e dai muliebri seni conici o a pastiglia; per la prima volta in esse è raffigurata un'arma a doppio pugnale simili agli esempi della cultura di Remedello, nonché dall’emblematico pittogramma pettorale del cosiddetto capovolto, raffigurato in forma a tridente e a candelabro, nella rappresentazione del mondo dell’aldilà, sulle pareti interne dei sepolcri a domus de janas[6].

Guerrieri. Viddalba, Ossi.
Probabilmente di epoca successiva sono poi le interessanti sculture rinvenute a Viddalba, Ossi (custoditi al Museo Sanna di Sassari) e Bulzi, e dei quali non si conosce ne datazione, ne provenienza esatta [7]. In particolare il reperto di Bulzi (esposto presso il museo di Perfugas) consiste in una testa antropomorfa calcarea con tipico schema a T del volto,che rispetto alle predette Statue-menhir recano due fori a rappresentare gli occhi. Questa scultura è inoltre sormontata da un elmo crestato a visiera frontale dotato di due incavi, nei quali furono inserite ad incastro le corna calcaree e delle quali residua un breve tratto. Se la cresta ricorda gli elmi dei bronzetti nuragici l'incavo in cui alloggiare delle corna è comune alle statue-menhir di Cauria e Filitosa in Corsica(datate tra il 1800 a.C. e il 1600 a.C.), attribuiti alla cosiddetta Civiltà Torreana, strettamente imparentata con quella Nuragica [8].
Tale tecnica comune, la resa frontale del volto tramite lo schema a T, nonché le somiglianze tra le spade (ed anche agli elmi e alle armature) scolpite a Filitosa e rinvenute nella tomba santuario di S.Iroxi hanno portato alcuni autori ad ipotizzare un collegamento tra la statuaria sardo-corsa e le raffigurazioni egiziane degli Shardana o Sherden [9]. Fra le possibili manifestazione di scultura nuragica vanno menzionati alcuni rinvenimenti nel sito de Su Nuraxi, aventi la foggia di piede umano. Tuttavia gli studiosi ipotizzano trattarsi di forma scarpe [10].

Luogo del ritrovamento e contesto storico [modifica]

Le statue furono rinvenute presso quella che poi si rivelerà una necropoli formata da 33 tombe a pozzetto irregolare e prive di corredo funerario eccetto che per uno scarabeo. La necropoli di Monte Prama si trova in un territorio che registra un'altissima densità di monumenti nuragici. Quasi ogni rilievo collinare ha sulla sua sommità un nuraghe, di dimensioni variabili. Il colle Monte Prama ne ha uno; immediatamente di fronte, spostato a Sud di poche centinaia di metri, si trova il Nuraghe Cann’e Vadosu dopo pochi altri centinaia di metri un altro e così via. Non di molto distante c’è poi un monumento imponente e gigantesco: il nuraghe S'Uraki di San Vero Milis, spostato a circa km 13 a Nord-Est rispetto alla necropoli. Di questi nuraghi non sappiamo però assolutamente niente non essendo stati ancora oggetto di studio.
La necropoli ha una forma allungata, un poco sinuosa, che si potrebbe definire a serpentina, e che, nel suo aspetto originario poteva ricordare allusivamente l’aspetto allungato delle Tombe dei Giganti, aiutata in ciò dalla presenza dei betili, molto di frequente elemento associato con tale tipo di sepoltura. Le tombe sono praticamente l’una attaccata all’altra e collocate entro alcuni recinti, i quali a loro volta suddividono il terreno in diverse aree sepolcrali, tra le quali quella nella quale furono rinvenuti i frammenti [11].

Elementi decorativi e raffronti stilistici generali [modifica]

L’altezza delle statue non è mai inferiore ai 2 metri e talvolta giunge ai 2,50 metri. Sono state scolpite su pietra di arenaria estratta da cave nei pressi di Oristano. Raffigurano pugili, arcieri e guerrieri, tutti in posizione eretta. E difficile trovare confronti in ambito mediterraneo per queste statue pertanto sui raffronti stilistici si affrontano varie posizioni in cui a divergere è l'accento posto di volta in volta sulla maggiore o minore autoctonia delle statue. Tronchetti parla di committenze e di una ideologia pienamente inserita nel mondo orientalizzate mediterraneo [12]. Bernardini individua nelle sculture esperienze dedaliche e influenze microasiatiche con richiami alle sculture etrusche arcaiche [13]. Ridgway trova confronti nella scultura Picena, Dauna, Lunigiana del VIII-V sec aC, e annesse alla corrente stilizzante italica ed egea naturalistica [14] . Per Lilliu le sculture appartengono al clima artistico "geometrico" riscontrabili nei segni ornamentali riprodotti con disegni incisi, ma la struttura colossale del corpo suggerisce il trapasso al periodo orientalizzate [15]. Per Lilliu le statue appartengono ad un climax artistico e politico indigeno "quasi urbano" [16]. Nel complesso sono statue fortemente stilizzate e geometriche improntate a quello che gli studiosi definiscono lo stile dedalico, che le rende un modello unico nel panorama mediterraneo e mondiale. Gli occhi incavati, sono resi con un doppio cerchio concentrico creato con un compasso o uno strumento analogo. Il volto delle statue segue lo schema a “T” tipico della scultura bronzistica sarda [17] . L’arcata sopracciliare e il naso sono quindi marcatamente definiti. La bocca infine, è resa con un breve tratto inciso, che può essere rettilineo o angolare [18]. Caratteristica delle statue è la resa stilistica dei dettagli decorativi in motivi a chevron e zig-zag finissimi, come per esempio i capelli resi a spina di pesce. Questa cifra stilistica, che nei bronzetti risulta facilmente ottenibile con la tenica a bulino, sono d'impossibile trasposizione statica nella pietra, da qui l'adozione dello stile decorativo con incisioni e disegni. Essi, insieme ad altri elementi concorrono a farci individuare nella piccola plastica bronzea l'elemento ispiratore della grande statuaria [19]. I piedi poggiano su basi sub-quadrate e sono ampi e larghi, con le dita bene definite; i torsi sono appiattiti, come due prospetti, frontale e posteriore, giustapposti senza la minima ricerca di plasticità [20]. Nei giganti sono stati rinvenute tracce di colori. Un arciere in particolare aveva il torso dipinto di rosso [21]. Altro colore rinvenuto nele statue è il nero. I colori non hanno soltanto una rilevanza estetica ma il materiale organico utilizzato per le pitture potrebbe agevolare la datazione delle statue attraverso il metodo del carbonio 14 [22] .

Gli arcieri [modifica]


Arciere di Abini
I frammenti di questa tipologia hanno permesso sinora di individuare con certezza 7 esemplari. Al contrario dei pugili gli arcieri non presentano una iconografia standard, ma numerose varianti [23] . L’iconografia maggiormente attestata vede l'arciere indossare una corta tunica, su cui pende la placca pettorale a lati leggermente concavi. Talvolta la tunica giunge all'inguine altre volte lascia scoperti i genitali. Sembra che il tipo di resa del petto fra i lacci della placca possa indicare che questi reggessero una sorta di goliera, peraltro visibile in alcuni bronzetti. La testa in miglior stato di conservazione mostra il tipico elmo cornuto. Sono stati rinvenuti diversi frammenti di piccoli elementi cilindrici, terminanti in piccole sfere riconducibili alle parti terminali delle corna degli elmi, come in alcuni bronzetti. I diversi frammenti di arti superiori presentano spesso il braccio sinistro munito di brassard che tiene l’arco mentre la mano destra è tesa in segno di offerta o saluto. Nei busti di alcune figure di arciere è visibile una corazza; un'altra presenta sulla schiena una fascia che termina con una frangia avente una decorazione ricamata; taluni hanno, sulla schiena, la faretra con la spada a fianco [24] . Infine un polpaccio è difeso con uno schiniere avente profilo a 8. Il bronzetto d'arciere più corrispondente a quello dgli arcieri di Monte Prama pare sia l'arciere di Abini [25]

I Pugili [modifica]


Pugile di Dorgali.
I pugilatori presentano caratteristiche uniformi e costanti in tutti e 15 gli esemplari accertati, variando solo nelle dimensioni [26]. Il torso è nudo ed i lombi cinti da un breve gonnellino svasato posteriormente a V visibile nella bronzistica dei pugili ma anche nell’arciere di Serri. Talora sul gonnellino si percepiscono ben conservati i lacci che lo tenevano legato, raffigurati con cordoncini a bassissimo rilievo, solcati. Il capo è rivestito da una calotta liscia i cui due lembi ricadono ai lati del collo, al di sotto della quale escono le lunghe trecce. Il braccio destro è rivestito da una guaina verosimilmente di cuoio, che parte dal gomito e termina ad avvolgere il pugno, sul taglio del quale è raffigurato un elemento romboidale sporgente. Il braccio sinistro tiene lo scudo a coprire il capo [27]. Lo scudo è di forma ellissoidale e doveva essere composto da cuoio o di un altro materiale flessibile. La figura del pugilatore è molto rappresentata anche nella bronzistica, tra le quali si segnala oltre agli esemplari sardi, anche il bronzetto rinvenuto presso Vetulonia nella Tomba del capo. Appare insoddisfacente ritenere che i pugili fossero un particolare reparto di guerrieri, vista la pochezza del loro armamento. Più plausibile è ritenere che fossero dei sacerdoti o degli officianti di particolari giochi legati al culto, che non si esclude possano essere anche di tipo funerario, cioè giochi in onore del defunto [28]. Il bronzetto nel quale si riscontro non solo l'identità tipologica ma persino la rispondenza nei più minuti particolari proviene da Dorgali[29]

I Guerrieri [modifica]

Di questa tipologia iconografica, molto rappresentata nella bronzistica, sono stati individuati 3 esemplari di cui non è stata ancora rivelata la tipologia. La loro presenza si deduce dal resto di una mano destra che stringe l'impugnatura d'una spada a base convessa con un breve tratto della lama oltre che dalla presenza di un frammento scudo con disegno di solcature disposte a raggiera e convergenti verso l'umbone così come rappresentato anche nei bronzetti[30]. Del resto le milizie nuragiche erano composte tanto da arcieri quanto da fanti o da guerrieri con armamento misto in quanto muniti sia di arco come di spada; questi casi sono evidenti sia nell'ipotesi in cui arco e spada vengono sfoggiati contemporaneamente come nei bronzetti stile Uta,o quando la spada rimane nel fodero accanto alla faretra mentre l'arciere scocca la freccia come nella statuina di Serri. L'insieme faretra fodero di spada è visibile in almeno una scultura [31]. L'insieme faretra fodero spada trova riscontro sia nei bronzi appartenenti allo stile Abini che in quelli appartenenti allo stile Uta [32]. Lilliu pone inoltre particolare risalto nel confronto tra l'elsa lunata della statua di Monte Prama e l'elsa a mezza luna dell'arciere di Santa Vittoria di Serri con il medesimo abito a coda di frac dei pugili di Monte Prama [33].

I modelli di nuraghe [modifica]


Altorilievo dal Nuraghe Canevadosu.
I modelli di nuraghe ritrovati con le statue a tutto tondo si possono dividere in due gruppi: otto modelli di nuraghi complessi e tredici di nuraghi singoli o monotorre [34]. La prima tipologia è raffigurata da una cortina esterna con otto torri unite da spalti, sormontate da un alto mastio centrale. Gli spalti sono rappresentati tramite l’incisione di tratti verticali. Il secondo gruppo (Nuraghi monotorre) è composto dalle parti terminali alte delle torri nuragiche. Queste variano ampiamente di dimensione: si passa da cm 13 sino a cm 70 di diametro [35]. Pur nel variare delle misure rimangono costanti alcuni elementi caratteristici. Anzitutto la resa del parapetto con una fila di triangoli incisi (che negli esemplari di maggiore dimensione può duplicarsi) ovvero con tratti verticali, questo stilema trova raffronti con modellini di nuraghi ritrovati in altri siti archeologici dell'Isola, tra i quali si segnala per importanza il moddellino con bassorilievo dal nuraghe Cann'e Vadosu, ed il modellino della sala delle riunioni di Su Nuraxi, Barumini [36]. Altro particolare con vari raffronti è l'elemento conico, presente nella parte piana superiore di un modellino di Monte Prama. Per tale elmento sono state fornite diverse interpretazioni. Quello di un finimento che ripete in piccolo la sagoma tronco conica sottostante [37]. L'ipotesi più condivisa ritiene invece che sia la parte terminale e strutturale dei Nuraghi, ovvero la copertura della scala di accesso al terrazzo superiore [38]. Ancora una volta tra gli altri, termine di paragone tra l'elemento conico dei modellini di Monte Prama è il modellino da Barumini [39]. I modelli di nuraghi celebrano in essi il centro di potere, religioso e politico dell'aristocrazia sarda. Questa conclusione, assieme allo spirito autocelebrativo dei Giganti è corroborata e sintetizzata nel modellino in arenaria proveniente dal Nuraghe Canevadosu distante poche centinaia di metri dal sito, il quale raffigura ad un tempo una figura umana con braccia tendenti verso l'alto come in segno di preghiera e un modellino di nuraghe composto da tre torri [40]

I Betili Oragiana [modifica]


Betile
I betili sardi sono la rappresentazione aniconica della divinità Nuragica. La loro presenza è dunque una costante in tutti i vari tipi di luogo di culto della civiltà Nuragica. Possono trovarsi presso le tombe dei giganti od in santuari più complessi come quello di Su Romanzesu presso Bitti. Possono essere suddivisi in generale in betili conici e troncoconici, questa distinzione ha rilevanza cronologica essendo i betili troncoconici più recenti e in generale annessi alle tombe dei giganti in opera isodoma[41]. Presso Monte Prama si rinvennero dei betili di tipo oraggiana od oragiana. Sono betili a tronco di cono con incavi praticati, da tre a cinque. Secondo l'archeologo Lilliu tali incavi vanno interpretati come occhi di una divinità protettrice e guardiana presso le tombe dei giganti [42]. Oltre a betili c.d. oragiana [43]. La presenza di questi betili ha stupito molto. Essi infatti sono oggetti simbolici tipici del bronzo medio e del bronzo recente nuragico (XIV-XI sec a.C.) .Tra i betili occhi delle tombe dei Giganti e i Giganti di Monte Prama passano almeno due secoli e ciò pone dei problemi. Lilliu propone due soluzioni alternative. Forse i betili provenivano da una precedente tomba dei giganti andata distrutta; l'ipotesi alternativa è che quelli rinvenuti con i frammenti delle statue siano le copie di analoghi più antichi, nella volontà di rimarcare la linea di continuità con la tradizione nuragica in una sorta di rievocazione nostalgica. [44].

Il problema della datazione [modifica]


Lo scarabeo Egizio di Monte Prama
L'indicazione di maggiore affidabilità sul periodo nel quale i Giganti furono scolpiti proviene dal contenuto delle tombe a pozzetto, sopra le quali, furono rinvenuti i frammenti delle statue; delle coppe carenate nuragiche, una fibula bronzea, e in particolare uno Scarabeo (egizio) dell'età del ferro, in un primo momento definito pseudo- hyksos[45]. Lo scarabeo raffigurante un fiore di loto stilizzato è confrontabile con un altro scarabeo proveniente da uno strato archeologico dell'VIII secolo presso Tiro[46]. La fibula bronzea rinvenuta tra i detriti delle statue sembra confermare anch'essa la prima metà dell'VIII secolo; grazie a reperti punici la formazione dell'insieme di detriti scultorei è datata al sec. IV a.C [47]. Pertanto lo scarabeo assieme ai resti di età punica individuano rispettivamente il terminus post quem ed ante quem della formazione della discarica e quindi il periodo nel quale la statue furono distrutte e gettate in frammmenti sopra le tombe. Si tratta però di una datazione provvisoria nell'attesa che si datino le coppe nuragiche, e magari si disponga un esame al c-14 per le ossa degli inumati entro le tombe. Occorre inoltre considerare come l'ordine delle 33 tombe vada letto in progressione temporale, formando una sorta di stratigrafia orizzontale [48]; la prima tomba è ritenuta la più antica, mentre la venticiquesima contenente lo scarabeo, è una delle ultime e dunque fra le più recenti. Un serio problema per la datazione delle statue è invece posto dalla presenza dai betili c.d. oragiana; quest'ultimi sono tipici del bronzo medio (XV-XIII sec. a.C.) [49]. Il problema è per adesso risolto supponendo che i betili siano stati distrutti e divelti dalla loro sede originaria per esser poi gettati alla rinfusa insieme ai frammenti delle statue[50]. Altro elemento rilevante nel problema della datazione è dato dal rapporto tra ibronzistica sarda e le statue. Su questo punto gli studioso appaiono divisi. Alcuni infatti stostengono che la bronzistica sia più antica della statuaria di Monte Prama [51]. Per altri invece la maggior varietà di particolari presenti per esempio nei pugili di Monte Prama rispetto ai pugili in bronzo depone a favore della maggior antichità delle statue, i giganti dunque sarebbero più antichi dei bronzetti, con l'ulteriore conseguenza che le statue non sarebbero pedisseque riproduzioni dei bronzetti [52]. Un importante riscontro a tale ipotesi proveniene dal bronzetto di pugile dal volto triangolare e dagli occhi cerchiati fissi come quelli dei Giganti, trovato in una tomba villanoviana di Vulci [53]. Purtroppo la gran parte dei bronzetti è stata rinvenuta fuori contesto archeologico, per cui non è possibile in generale attribuire loro una datazione univoca e scientifica. Alcuni propongono l'anno 1000 a.C. come data d'introduzione dei bronzetti [54]. Il pozzo sacro di Funtana Coberta presso Ballao è stato datato in una fase transitoria tra il bronzo medio e bronzo recente, nel 1350 a.C. [55]. In esso sono stati trovati reperti bronzei preservati da una frana o alluvione. In particolare spade votive, lingotti a pelle di bue [56] sono stati rinvenuti entro un'olla del bronzo recente nuragico. Tale tipo di vaso è stato rinvenuto insieme ad altra cercamica nuragica presso Kommos-Festos a Creta e datate tra la fine del XIV e la prima metà del XIII sec. a.C. [57]. Importantissimi anche i frammenti di bronzetti tra i quali spiccano una testa di arciere ed un piede con supporto [58]. In particolare il piede risulta identico a quello di numerosi altri bronzetti tra i quali:il capo tribù orante e l'arciere saettante da Abini-Teti [59] il Capo Tribù da Monte Arcosu Uta [60], i guerrieri con spada e con arco e con spada e scudo sempre da Uta[61], il soldato con stocco e scudo sulle spalle da Sorgono[62]. Il frammento di piede in rapporto alle ceramiche è datato nel bronzo finale [63]. Oltre che per la somiglianza tra il pozzo di Ballao e il pozzo sacro di Sofia questi dati devono esser considerati alla luce del fatto della quantità dei bronzetti proveniente dai pozzi sacri o da Nuraghi trasformati in luoghi di culto come il Nordule; nei pressi della necropoli sono stati trovati indizi dell'esistenza di un pozzo sacro ed infine considerando come la testa di Narbolia fu rinvenuta presso il pozzo sacro di Narbolia-Banatou [64].

Aspetti ideologici delle statue [modifica]

In generale tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere le statue di Monte Prama espressione di una elite aristocratica e dei valori guerrieri ed eroici [65]. Per Tronchetti al contrario della bronzistica, a causa del maggior numero dei pugilatori la sfera religiosa [66] prevarrebbe sulla sfera politica militare. Questo sarebbe il segnale del declino militare e politico della civiltà nuragica nel periodo nel quale le statue furono realizzate [67]. Inoltre tale statuaria è espressione del periodo orientalizzante che interessava tutto il Mediterraneo. Il gusto e l'ideologia orientalizzanti possono rifarsi ed importare tanto modelli originali come riflettere tradizioni locali. Questo avviene nelle opere di Monte Prama per i quali non si può parlare di arrivo di modelli materiali, bensì di modelli ideologici.La deposizione dei frammenti in una necropoli di aristocratici serviva a rappresentare 1'areté, il valore militare, significato dagli arcieri, e il valore religioso, significato dalle statue di pugilatori, protagonisti di giochi sacri, e dall'assimilazione della guerra alla caccia cifra ideologica propria delle classi aristocratiche [68]. La presenza di numerosi modelli di nuraghi contribuisce a completare questo quadro, ponendosi come simbolo e punto di riferimento del centro di potere del gruppo familiare [69]. Al contrario, per Lilliu le statue non furono erette in un periodo di decadenza politica, ma nel periodo della rivoluzione aristocratica di espansione economica e politica [70] Inoltre lo stile geometrico delle statue esclude l'incontro e la fusione con il modo orientalizzante, riscontrabile solo nella bronzistica del VII sec. a.C. [71]. Per cui è giusto parlare di un filone artistico protosardo orientale, ma non di un filone protosardo orientalizzante [72] Per cui le satue riflettono una condizione etnica e nazionale non subalterna ne dipendente, con tutti i crismi per chiamarsi civile allo stesso modo delle altre civiltà circostanti e in rapporto con essa [73]. La presenza dei modellini di nuraghe in relazione alle statue è da leggersi ad un tempo, come affermazione dell'identità nuragica, e come simbolo sacrale. In quest'ultimo senso, i modellini di Cannevadosu e Mone Prama sembrerebbero posti a tutela dei morti; del resto altri modellini (Serri losa, Tanca e'mesu, Cordiano, Ruinas) potevano avere sia significato rituale che votivo. Ma non va neppure sottovaluto il secondo significato identitario. Gli stessi Giganti ed i modellini a loro associati furono intesi come simbolo della Sardegna e del suo popolo oltre che segno del potere, come dimostrano i modellini presenti nelle grandi sale consiliari dei nuraghi di Barumini, Palmavera, santa Anastasia [74]. Per Lilliu è in particolare il Nuraghe quadrilobato ad assolvere quest'ultima funzione identitaria, simbolo di un'epopea, "bandiera", "marchio" del popolo dei Nuraghi e dei giganti di Monte Prama [75]

Possibili tecniche di lavorazione [modifica]

Recentemente il professor Peter Rockwell ha potuto analizzare personalmente le sculture riscontrando l’uso di vari strumenti in metallo, probabilmente in bronzo. In particolare si è potuto osservare l'uso di: subbia, scalpello con lama di varie misure, uno strumento simile ad un raschietto utilizzato per levigare la superficie al pari o insieme ad abrasivi, una punta secca per incidere linee fini di dettaglio, uno strumento per produrre fori che può essere assimilato al trapano, il cui uso da parte degli antichi sardi è infatti provato dai rinvenimenti archeologici. Inoltre è evidente l’uso di uno strumento simile al compasso con il quale sono state realizzate le linee circolari come quelle degli occhi. Un compasso in ferro fu trovato nel Nuraghe Funtana presso Ittireddu [76].Le tracce più interessanti sono quelle lasciate da una gradina anche se quest’ultima compare ufficialmente in Grecia solo nel VI secolo a.C. Simile alla subbia ma dal bordo dentellato e affilato, la gradina(adatta in modo particolare alla scultura su marmo), veniva colpita sulla superficie tenendola obliqua, per creare una sorta di prima levigatura a scanalature più o meno fitte.

Galleria Fotografica [modifica]

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